Da un libro di Larry Squire – Eric Kandel. Come funziona la memoria. Meccanismi molecolari e cognitivi.
Cogito ergo sum, penso dunque sono. Questa frase, scritta nel 1637 dal filosofo francese René Descartes, è ancora oggi una delle asserzioni più citate nella filosofia occidentale. Una delle grandi lezioni che ci ha dato la biologia del ventesimo secolo è che l’affermazione è errata per due ragioni.
In primo luogo, Descartes è ricorso a questa frase per sottolineare la separazione che secondo lui esisteva tra la mente e il corpo: oggi, invece, i biologi ritengono che le attività della mente nascano da una parte specializzata del nostro corpo: il cervello. Sarebbe pertanto più corretto riformulare la frase invertendola: «Io sono, dunque penso». La seconda ragione, più importante, è che noi non siamo ciò che siamo semplicemente perché pensiamo, ma perché abbiamo la capacità di ricordare ciò che abbiamo pensato. Ogni nostro pensiero, ogni parola pronunciata e ogni azione intrapresa – in definitiva il senso del proprio io e il senso del legame con gli altri – li dobbiamo alla nostra memoria, alla capacità del cervello di ricordare e di immagazzinare le esperienze. La memoria è il collante che consolida la nostra vita mentale, l’impalcatura che sorregge la nostra storia personale e ci permette di crescere e di cambiare nel corso della vita. Negli ultimi trent’anni vi è stata una vera e propria rivoluzione per quanto riguarda le conoscenze sulla memoria e sui processi che si svolgono nel cervello quando apprendiamo e ricordiamo.
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Fatta questa premessa neuroscientifica, sia per questioni EPIGENETICHE (eredita’ di cosa hanno pensato i nostri antenati), e sia per la TEORIA della RETE DEGLI INCONSCI, noi “SIAMO QUELLO CHE SIAMO” per i nostri ricordi, per i ricordi dei nostri antenati, e per i ricordi conservati nella rete degli inconsci, in gruppi e sottogruppi, che condizionano pesantemente il nostro inconscio, come il fatto che nasciamo credenti, crediamo nella metafisica occidentale o nell’olismo orientale.
Dobbiamo, quindi, cercare di non farci condizionare dai ricordi a cui accede il nostro inconscio, e modificare il nostro modo di pensare secondo logica e ragione, analizzando ed elaborando le tante contraddizioni della metafisica e dell’olismo. Ovvero squarciare il VELO DI MAYA che ci impedisce di vedere la realtà, come se fossimo in un MATRIX.
Non dobbiamo, inoltre, farci condizionare dallo “scientismo” dell’illuminismo, perché alcuni fenomeni, considerati immaginari, sono reali.
E non è ancora sufficiente se non applichiamo alla rete degli inconsci l’emergenza e l’auto-organizzazione dei sistemi complessi, che è già alla base di tutta la biologia moderna, e non solo.
In questo modo possiamo anche spiegare e comprendere quelli che Gustavo Rol chiamava “spiriti intelligenti”.
È quello che ho fatto io, o meglio il mio inconscio, teorizzando, già nel 1977, una visione alternativa della realtà, la RETE DEGLI INCONSCI. La prima in assoluto basata sui sistemi complessi, e probabilmente ancora l’unica, almeno in base a quanto di mia conoscenza.