Mi ritengo cristiano e ancora più progressista di Papa Francesco, ma non proprio per fede, ma perché condivido il messaggio evangelico, basato sulla comunità umana e che si potrebbe sintetizzare nella “Parabola del buon samaritano”, nella versione di San Luca: “Diventare PROSSIMO e agire con carità verso chi ne ha bisogno, visto che siamo una comunità”.
Ritengo che se, in un qualunque pianeta abitabile dell’immenso universo, si siano evoluti degli organismi biologici dotati di coscienza ed inconscio, lo stesso cristianesimo poteva essere valido anche in quel pianeta.
Troverei incomprensibile e senza senso creare un universo che non potremmo mai visitare solo per gli umani sulla terra. Una visione troppo antropocentrica dura da superare.
Ovviamente credo che la Genesi della Bibbia sia stata inventata dai sacerdoti ebraici, attingendo da altre religioni preesistenti.
Il mondo si è evoluto in base alle leggi fisiche e all’auto-organizzazione dei sistemi complessi. Probabilmente il vero PROGETTO INTELLIGENTE di Dio, per non stare a “creare” uno spirito per ogni essere biologico, e un’anima per ogni essere umano, che indubbiamente, visto il DNA, discende dai batteri monocellulari di quattro miliardi di anni fa; mentre l’universo dal big bang ha quasi quattordici miliardi di anni.
Tutto si è evoluto da solo, automaticamente, senza stare a modificare od aggiungere in continuazione. Poi con l’umanità è anche nato, di conseguenza, il libero arbitrio. Sempre per EMERGENZA dalla complessità.
A Gesù Cristo non interessava darci lezioni di cosmopologia, fisica, o altro; ma solo dirci come comportarci nella comunità umana, con altruismo e misericordia.
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Il nuovo testamento, rispetto al vecchio, si caratterizza soprattutto non sui “divieti”, ma su cosa deve fare un buon cristiano; e tende a rendere più umana la legge divina. Ad esempio, la legge ebraica escludeva dalla “comunità” coloro che riteneva impuri, tanto che non potevano entrare nemmeno nel tempio. Secondo una realistica interpretazione, Gesù Cristo non compie i “miracoli” per dimostrare di essere il Verbum o il Logos di Dio, ma per dare dei segnali concreti che nessuno può essere escluso dalla comunità. Guarisce, infatti, persone ritenute impure, come i lebbrosi e la donna dalle continue perdite di sangue, avvicina e salva dalla lapidazione prostitute ed adultere, esorcizza gli indemoniati; da maggiore dignità alle donne e concede a Maria Maddalena (che non è affatto la prostituta incontrata in episodi precedenti) il privilegio di vederlo per prima dopo la resurrezione, etc.
Si potrebbe condensare il senso del messaggio evangelico nella parabola di buon samaritano, nella versione di San Luca, in cui lo scriba chiede a Gesù “cosa deve fare per avere la vita eterna”.
Vediamola: “Un dottore della legge”, cioè un esperto, negli altri vangeli si chiamano scribi, sono i teologi ufficiali del magistero di Israele, “si alzò per …”, non è per metterlo alla prova, ma “per tentare Gesù”. Il verbo è lo stesso che l’evangelista ha adoperato per le tentazioni di Gesù da parte del diavolo nel deserto.
Quindi il grande difensore della legge, in realtà per l’evangelista, non è altro che uno strumento del diavolo.
E gli chiede: «Maestro», ecco la falsità tipica delle persone religiose, lui non vuole apprendere, lui vuole condannare, vuole mettere una trappola a Gesù. E chiede cosa deve fare per avere la vita eterna. Gesù gli risponde in maniera molto distaccata, molto ironica. Immaginiamo che questa persona è una che ha dedicato tutta l’esistenza alla conoscenza, alla lettura e all’interpretazione della sacra scrittura. E gli chiede «Che cosa sta scritto nella legge», e poi, soprattutto: «Che cosa vi leggi?», cioè che cosa capisci?
Perché non basta leggere la Bibbia, bisogna anche capirla. Se non si mette come primo valore il bene dell’uomo, la Bibbia può essere letta, riletta, predicata, annunziata, ma non si capirà. Il dottore della legge risponde con quello che era il credo di Israele, tratto dal Libro del Deuteronomio, cap. 6, e ci aggiunge il precetto del Levitico. Quindi all’amore a Dio con tutta l’anima, un amore assoluto, la carità per il prossimo che è relativo, «come te stesso».
E Gesù dice «Hai risposto bene; fa questo è vivrai. Ma quello, volendo giustificarsi …». Perché giustificarsi? All’epoca di Gesù c’era un grande dibattito tra le scuole rabbiniche su chi fosse il prossimo. Si andava dalla concezione più ristretta, “il prossimo è soltanto colui che appartiene al mio clan familiare o alla mia tribù”, a quella più larga che includeva nel prossimo anche lo straniero che abitava dentro i confini di Israele.
E quindi il fatto che voglia giustificarsi significa che questo dottore della legge è per l’interpretazione più restrittiva. Ed ecco stupenda la parabola di Gesù. «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico», da 800 e più metri d’altezza sul livello del mare, Gerico è a 258 metri sotto il livello del mare, in pochi chilometri; è un percorso difficile, disagiato e un luogo pericoloso.
L’uomo cade in mano ai banditi che lo lasciarono moribondo. In quella strada, in quelle condizioni la morte è certa, a meno che non capiti provvidenzialmente qualcuno. Infatti, provvidenzialmente – questo che qui è tradotto con ‘per caso’, significa fortunatamente e Gesù aumenta l’attenzione nei suoi ascoltatori – «Un sacerdote scendeva», è importante l’indicazione che sta scendendo. Gerusalemme era la città dove c’era il tempio e Gerico una città sacerdotale.
I sacerdoti salivano a Gerusalemme per entrare in servizio presso in tempio e per una settimana dovevano essere pienamente puri per officiare di fronte al Signore, quindi non abbiamo qui un sacerdote che sale a Gerusalemme, ma che scende. E’ stato a contatto con il Signore per una settimana. E’ pienamente puro; meglio non poteva capitare.
«Scendeva per quella medesima strada e quando lo vide … », la salvezza è imminente. Ed ecco la doccia fredda, «Passò oltre». Perché? E’ insensibile? E’ disumano? No, peggio: è una persona religiosa, e secondo la sua religione, la sua legge, il libro del Levitico e dei Numeri gli impedivano di toccare un morto. A lui, che era sacerdote, impedivano di toccare anche il cadavere dei propri genitori.
Quello che Gesù sta mettendo in questione è una faccenda molto seria. La legge va osservata anche quando è causa di sofferenza per gli uomini? Quando c’è conflitto tra la legge divina e il bene dell’uomo, cosa si fa? Il sacerdote non ha dubbi: viene prima la legge divina e poi il bene dell’uomo. Ugualmente un levita, cioè gli addetti al culto.
E quindi per l’uomo, poveretto, non c’è più nessuna speranza. Non solo non c’è nessuna speranza, ma cosa succede? «Un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto lo vide», i Samaritani erano nemici dei giudei. Ogni volta che si incontrarono c’era la lite ci scappava il morto. Qui, figuriamoci, c’è un Samaritano che vede un suo nemico mezzo morto, cosa farà? Lo accopperà.
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«Lo vide», ed ecco, clamoroso, «ne ebbe compassione». Il verbo ‘avere compassione’ è un verbo tecnico che indica un’azione divina con la quale il Signore restituisce vita a chi non ce l’ha. Si distingue tra ‘avere compassione’, azione divina, e ‘avere misericordia’, azione umana.
Avere compassione in questo Vangelo appare tre volte, quando Gesù vede il figlio morto della vedova di Nain, ne ebbe compassione e lo risuscita, quando il Padre del figliol prodigo vede il figlio ne ha compassione e gli restituisce la vita. Ebbene l’unico personaggio al quale viene attribuita un’azione divina è proprio quello è considerato il più lontano da Dio, un nemico di Dio, un rivale di Dio.
Gesù sta rispondendo alla domanda “chi è il credente”? E’ colui che obbedisce a Dio osservando le sue leggi o colui che assomiglia al Padre praticando un amore simile al suo? La risposta è molto chiara.
«Lo vide. Gli si fece vicino», se ne prende cura in maniera addirittura esagerata, si fa servo di quest’uomo. Ed ecco la domanda finale di Gesù al dottore della legge. «Chi di questi tre» – allora abbiamo un sacerdote, un levita e un Samaritano – «ti sembra sia stato prossimo?»
Lui aveva chiesto “Chi è il mio prossimo?” Invece Gesù, capovolge la domanda e gli chiede “chi sia stato prossimo”. Questo voluto capovolgimento di domanda indica che l’importante non è amare il prossimo (o averne carità), ma capire cosa fare per diventare prossimo per chi ne ha bisogno.
E quando lo scriba rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va e anche tu fai così». E ancora una volta, Cristo ribadisce, in modo lapalissiano, che si tratta di fare azioni concrete e non solo di provare sentimenti, senza conseguenze pratiche per chi ne ha bisogno.
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Gesù diceva, in effetti, di essere il Figlio dell’Uomo. E inoltre diceva:
Matteo 25,35-44
35 Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, 36 nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi. 37 Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? 38 Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito? 39 E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti? 40 Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me. 41 Poi dirà a quelli alla sua sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli. 42 Perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e non mi avete dato da bere; 43 ero forestiero e non mi avete ospitato, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato. 44 Anch’essi allora risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato o assetato o forestiero o nudo o malato o in carcere e non ti abbiamo assistito?
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E lo interpreto che noi esseri umani siamo una COMUNITA’, una creatura più evoluta biologicamente del progetto di Dio, rispetto alle altre precedenti, e dobbiamo aiutarci a vicenda, come Cristo ci ha insegnato.
Questo significa essere cristiani. Non credere nelle mitologie o nelle teorie più recenti che nascono come funghi.
A parte, i fenomeni considerati mistici, esoterici o paranormali, hanno una spiegazione scientifica, basata sui sistemi complessi biologici, sulla psicosomatica e sulla comunicazione telepatica tra inconsci.
E questo, probabilmente, perché siamo un’unica comunità, come lo è una comunità di insetti sociali (api, formiche e termiti).
Nessun bisogno di SPIRITI di defunti, con cui comunicare; e, infatti, Gesù non ne ha mai parlato nei vangeli.