Emergenza Vita e Mente

 

Dall’origine della vita all’emersione della mente.

 

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In effetti, il titolo della presente pagina, l’ho preso dal “Festival della complessità” che si era tenuto a Lerici, il 24 Maggio 2014, organizzato dal mio caro e compianto amico, Francesco Pelillo, filosofo-scientifico e saggista, con cui ero solito dialogare su facebook, pubblicamente, su questo tipo di problematiche.

Per comprendere la realtà, oggi, non si può fare a meno di comprendere e di accettare i concetti di “complessità“, “emergenza” e “teoria quantistica dei campi“, fino a qualche anno fa del tutto sconosciuti.

In genere, oggi, si parla di complessità o teoria della complessità pensando alla teoria del caos, al “comportamento emergente” molto ricco di significati e di differenti utilizzi nel linguaggio colloquiale di molti sistemi, alla complessità delle reti, al comportamento che i sistemi esibiscono quando sono lontani dall’equilibrio termodinamico e alle facoltà di auto-organizzazione, come ad esempio nella vita biologica, che a volte ne derivano. Nell’indagine scientifica, mettere in conto la complessità significa anche rinunciare alle assunzioni di linearità nei sistemi dinamici per indagarne più a fondo il comportamento.
Per comprendere bene i primi due concetti chiave, complessità ed emergenza, consiglio di vedere i tre video, in cui il fisico teorico, Prof. Ignazio Licata, li espone nel 2010 in occasione della conferenza “Le connessioni inattese“.

Ignazio Licata – Parte 1

Ignazio Licata – Parte 2

Ignazio Licata – Parte 3

Per quanto riguarda invece l’importanza della Teoria Quantistica dei Campi sulla materia vivente, e soprattutto sul concetto di Coerenza Quantistica, consiglio di vedere questo video del Prof. Emilio Del Giudice (scomparso recentemente): Dinamica collettiva della materia vivente

E questo sulla COSCIENZA dell’ACQUA:

Acquisiti questi tre nuovi concetti, analizziamo meglio il perché la vita e la mente sono comportamenti emergenti; e non fenomeni metafisici.

Comprendere cos’è in realtà la vita e la mente umana è indispensabile anche per la filosofia, la teologia e la spiritualità, perché la mente umana è l’unico strumento che abbiamo a disposizione per indagare la realtà. Travisare il funzionamento della mente umana, può portare, come avvenuto in passato, a travisare la realtà, tramite la filosofia presocratica, che fu principalmente un tentativo per superare la mitologia; ma di cui ancora oggi stentiamo a liberarci.

La vita è una proprietà emergente e necessita di autopoiesi e cognizione, che è cosa diversa dell’autocoscienza, e si può avere anche senza un cervello, come nelle amebe.
In questo video, il Prof. Luigi Luisi, autore del libro “Sull’Origine della Vita e della Biodiversità“, ne spiega bene i concetti:

Anche la mente è una proprietà emergente di un sistema molto complesso dato dal cervello (100 miliardi circa di neuroni interconnessi tramite sinapsi, in una architettura con vari hub, astrociti e con onde elettromagnetiche a bassa frequenza) in interazione con il resto dell’organismo e con l’ambiente.

In generale, i sistemi complessi che producono Emergenza sono Sistemi Aperti e in forte interazione con l’ambiente; e abbiamo anche visto che le loro caratteristiche principali si possono riassumere in:

1) SONO ATTIVI;

2) SENSIBILI AL CONTESTO;

3) IMPARANO;

4) SONO ORIENTATI AI PROCESSI;

5) CAMBIANO LE REGOLE;

6) SONO FLESSIBILI;

7) USANO LE CONTRADDIZIONI, e quindi usano molte strategie diverse;

8) SONO IMPREVEDIBILI IN DETTAGLIO;

9) NON SONO ZIPPABILI IN FORMULE MATEMATICHE;

10) SI FA PRIMA AD OSSERVARLI;

11) VALGONO “QUI E ORA”, ovvero possono modificarsi in spazi-temporali diversi.

Vediamo, ad esempio, un sistema complesso come la “mente umana” in interazione con un ambiente in cui modifichiamo i campi quantistici, e nel caso specifico quelli elettromagnetici a bassa frequenza. Le proprietà emergenti risultano INATTESE (“imprevedibili in dettaglio” e valgono “qui ed ora”).

Dalla rivista scientifica “LE SCIENZE” (edizione italiana di scientific american):
Una stimolazione che induce sogni lucidi (e un po’ di autocoscienza).

“La stimolazione transcranica di alcune aree cerebrali permette di passare dal sogno tipico del sonno al cosiddetto sogno lucido, quello in cui si è consapevoli di sognare e che si può perfino controllare. Questa dimostrazione di un nesso causale fra lo sviluppo di specifiche forme d’onda cerebrali prodotte dalla stimolazione transcranica e l’acquisizione della consapevolezza di sé ha un potenziale interesse clinico per vari disturbi psichici, a partire da quello da stress post-traumatico……” (Continua a leggere l’articolo, cliccando sul link in azzurro).
L’articolo termina con:
“In particolare, la tecnica potrebbe essere usata per il disturbo da stress post-traumatico, innescando il sogno lucido durante gli incubi, in modo da cambiarne attivamente il contenuto. Ma vanno studiate anche altre applicazioni, come la possibilità che la stimolazione della corteccia prefrontale dorsolaterale sia di aiuto nella schizofrenia, o che la sincronizzazione o la soppressione dell’attività dei gangli della base permetta di alleviare i sintomi del disturbo ossessivo-compulsivo.”

Quello che ci preme sottolineare è che siamo in un sistema molto complesso, come la mente umana, che produce Emergenza, per cui Proprietà Imprevedibili e Qui ed Ora; nel senso che basta cambiare di poco il contesto per avere risultati diversi. E’ noto, ad esempio, che le persone schizofreniche, in cura con psicofarmaci, devono spesso ricalibrare la terapia con il semplice cambio di stagione e/o con la variazione dell’alimentazione (per non parlare poi, anche in base a particolari periodi di stress). Da qui, la necessità di essere costantemente seguite da specialisti.

Questi i tre Link del convegno sulla complessità a Lerici, del 24 Maggio 2014, dal titolo Dall’Origine della vita all’emersione della mente:

1) Saluti ed intervento del Prof. PIER LUIGI LUISI

2) Intervento di MARCELLO BUIATTI

3) Intervento di IGNAZIO LICATA

I video sono molto interessanti, anche se richiedono un po’ di tempo, e descrivono come si è passati, dalla metà del diciannovesimo secolo, da una visione in cui la vita era opera divina e quindi non aveva nemmeno senso porsi la domanda “come è nata”, a una visione più moderna e consapevole. Il prof. Luisi ci spiega che, in passato, c’era l’idea della Abiogenesi, ovvero la vita, con esclusione dell’uomo, in generale, aveva origini non biologiche. Ed ad esempio, ad iniziare dagli insetti ai topi, questi animali inferiori si generavano spontaneamente. C’era ad esempio la ricetta per fare i topi, mettendo in contatto chicchi di frumento, una camicia sporca, etc.; ed anche persone come Keplero e Newton credevano abbastanza in questa teoria. Due scienziati italiani, però, come Francesco Redi e Lazzaro Spallanzani fecero notare che se si usavano provette sigillate non succedeva nulla, ovvero nessuna nascita spontanea di batteri e di microrganismi. Non furono però creduti molto, e ci fu bisogno di aspettare Luis Pasteur, uno scienziato di grande levatura, che dimostrò che l’idea della vita come generazione spontanea era una superstizione. Questo provocò una specie di crisi, perché se la vita non si generava spontaneamente, e all’ora bisognava ritornare all’idea della creazione e a un ritorno della fede nel divino. In quel periodo però, emergeva anche la figura di Charles Darwin, che nel mezzo del diciannovesimo secolo, iniziò a parlare di evoluzione, e in un suo libro del 1859 ipotizzò uno stagno caldo, ricco di sale ed altri ingredienti, che eventualmente sarebbe potuto diventare il “Brodo primordiale” da cui sarebbe sorta la vita. Alcuni biologi e filosofi presero coraggio, e si diffuse l’idea dell’origine della vita dalla materia inanimata; e che la vita fosse data da strutture proteiche, che si rinnovano continuamente nei componenti chimici (definizione di Friedrich Engels, che non era proprio un biologo). Ancora oggi diamo questa definizione della vita sotto l’aspetto dell’Autopoiesi.
Occorre aspettare i primi decenni del secolo scorso, per arrivare, al biochimico russo Oparin, e alla sua teoria che la comparsa della vita sulla Terra fu preceduta da una lunga serie di eventi che prende il nome di evoluzione chimica.

L’ambiente primitivo in cui si svolsero questi eventi aveva due proprietà importanti:

1) l’ossigeno libero era quasi del tutto assente nell’atmosfera, mentre era ancora abbondante l’idrogeno;

2) i quattro elementi chimici (idrogeno, ossigeno, carbonio e azoto), che oggi costituiscono più del 95% dei tessuti degli organismi viventi, erano già disponibili nell’atmosfera e nelle acque.

Oltre a questi materiali di base, sul nostro pianeta c’era moltissima energia che si manifestava sotto forma di calore, scariche elettriche, radioattività e radiazioni provenienti dal Sole. Oparin ipotizzò che, in tali condizioni, dai gas dell’atmosfera si sarebbero potute formare grandi quantità di molecole complesse, che in seguito si sarebbero raccolte nei mari e nei laghi del pianeta dando origine a un «brodo primitivo».
Col passare del tempo queste molecole sarebbero diventate via via più numerose e sempre più vicine; a causa della maggiore concentrazione, si sarebbero poi combinate dando luogo a piccoli aggregati più complessi. A questo punto, all’evoluzione chimica avrebbe fatto seguito una nuova fase del processo, che Oparin chiamò evoluzione prebiologica, con la formazione di piccoli sistemi primitivi, detti coacervati, che si possono ritenere il punto di partenza di tutto il mondo vivente. Oparin pubblicò questa ipotesi nel 1922, ma la comunità scientifica non gli diede molto credito.

Abbiamo visto che Engels disse che la vita è data da strutture proteiche, che si rinnovano continuamente nei componenti chimici.  Ebbene, per dare un’idea della complessità della vita, è di qualche giorno fa (30 Maggio 2014) l’uscita di un articolo su LE SCIENZE, in cui si parla di uno studio che ha individuato in più di 17.000 il numero delle proteine incluse nella nuova mappa del proteoma umano, cioè dell’insieme di tutte le proteine espresse dal nostro genoma.
Dall’organismo umano, e in primo luogo dai neuroni del suo cervello, in interazione con l’ambiente, emerge poi la MENTE, probabilmente la cosa più complessa dell’universo oggi conosciuto.

Una delle proprietà emergenti più significative, dell’interazione strutturale complessa, è sicuramente l’auto-organizzazione degli organismi biologici, che Maturana e Varela chiamano autopoiesi, e che insieme alla cognizione fanno si che si realizzi la vita biologica. Maturana e Valera, su questo argomento, hanno pubblicato un libro dal titolo “Autopoiesi e cognizione. La realizzazione del vivente“. In questo libro, gli autori  spiegano i sistemi viventi come sistemi che si auto-producono (autopoietici) e la cognizione come il processo che caratterizza questa auto-produzione (autopoiesi). Ma è anche un libro di teoria dei sistemi che presenta una nuova nozione di sistema auto-referenziale, organizzativamente chiuso, che compensa le perturbazioni provocate dall’ambiente per conservare la sua organizzazione, ma le cui trasformazioni non sono funzione degli stimoli dell’ambiente. Ed è infine un libro di filosofia che propone un originale approccio fenomenologico alla cognizione, in cui una chiara e rigorosa sistematizzazione della relazione che lega osservatore e sistema osservato consente di distinguere ciò che caratterizza tale relazione da ciò che è costitutivo del sistema osservato; ma è soprattutto un libro che apre nuovi orizzonti nell’analisi della complessità dei sistemi viventi, siano essi cellule, comunità di insetti sociali o società di uomini, e nella fondazione biologica della conoscenza; esso ha influenzato pensatori di primaria grandezza nelle scienze umane da Luhmann a Morin, da Winograd a Flores, da Watzlawick a Munari. E’ questa ricchezza di temi e di livelli di lettura che lo rende ancor oggi un testo irrinunciabile per chiunque sia interessato ai nuovi paradigmi del sapere. E’ un’opera che offre a tutti coloro che seguono con interesse il dibattito sulla complessità che attraversa discipline diverse quali la biologia, la psicologia, la sociologia, l’informatica, la teoria dell’organizzazione, un punto di vista nuovo e vigoroso.

Nella conferenza del 24 Maggio 2014, il Prof. Luigi Luisi, si sofferma proprio sull’autopoiesi, sottolineando che la vita, in un organismo vivente (e anche in un microbo monocellulare), non è una proprietà localizzata, ma distribuita, e ogni singolo componente (o reazione chimica che avviene all’interno) viene influenzato da altri e a sua volta influenza altri. Un po’ come il concetto buddista di vacuo (mancante di qualcosa), nel senso che ogni cosa ha bisogno di una sua casualità. Inoltre l’attività principale di una cellula (o di un intero organismo complesso) è quella di mantenere la propria individualità, a dispetto del gran numero di trasformazioni interne; e questo lo fa attraverso un processo di rigenerazione interna, detto appunto autopoiesi, e la cellula rifà tutto quello che viene consumato, ovviamente a spese di energia presa dal di fuori. Quindi ogni organismo vivente può essere visto come una fabbrica che si rifà dal di dentro.

Un altro aspetto non meno importante è che un organismo vivente interagisce con l’ambiente, e per farlo deve avere una certa capacità cognitiva. Dall’interazione cognitiva tra il vivente e l’ambiente, ne scaturisce una CO-EMERGENZA, basata sulla cognizione. E questo, a detta di Maturana e Varela, produce una rappresentazione del mondo diversa da organismo ad organismo. Ogni organismo vivente è dunque anche un organismo cognitivo, perché l’evoluzione lo ha dotato di un insieme sensoriale, che gli permette questa interazione con l’ambiente.

Riporto un estratto di un libro di Maturana e Varela sull’argomento, che trovo molto interessante:

“L’accoppiamento strutturale dei sistemi umani avviene all’interno dei domini linguistici, intesi come l’insieme di tutti i comportamenti linguistici di un organismo. È attraverso questa elaborazione dell’accoppiamento strutturale che diviene possibile fare distinzioni e dar forma a vita agli oggetti. Dunque, le osservazioni compiute da un individuo (ogni organismo capace di fare distinzioni è un osservatore) non possono cogliere verità oggettive sul mondo, perché esse sono sempre soltanto interazioni fra la struttura dell’organismo osservatore e il suo medium.
Ciò che per Maturana e Varela diviene importante capire è che la percezione non è e non può mai essere oggettiva, quindi tutte le osservazioni hanno uguale validità, anche gli elefanti rosa che l’alcolista vede nelle sue allucinazioni. Ne consegue che, in quanto essere umani, abitiamo in un Multiverso più che in un universo. Cioè, ognuna delle molteplici distinzioni che creiamo nella nostra interazione strutturale con l’ambiente è assolutamente legittima e non in contraddizione con altre distinzioni tracciate dallo stesso o da un altro sistema vivente.
Gli studi di Maturana e Varela, a detta degli stessi autori, portano con sé un obbligo morale, ossia il ricordarsi sempre che la certezza di un’obiettività e di un’oggettività è una tentazione cui non bisogna indulgere e che quindi il mondo che ciascuno di noi vede non è il mondo ma solo un mondo con cui veniamo a contatto insieme ad altri:
[…] farsi veramente carico della struttura biologica e sociale dell’essere umano […] ammettere che il nostro punto di vista è il risultato di un accoppiamento strutturale in un dominio di esperienza valido tanto quanto quelli del nostro interlocutore, anche se il suo ci appare meno desiderabile. […] guardare l’altro come uno uguale a noi, in un atto che generalmente chiamiamo di amore. [H. Maturana e F. Varela, 1987, pagg. 203-204]“

Per concludere, voglio evidenziare che una comunità di insetti sociali, come api, formiche e termiti, si comporta nel suo insieme come un unico organismo autopoietico, dotato di una cognizione collettiva (o di intelligenza collettiva) non localizzata. Infatti, non vi è un progettista e nemmeno un direttore dei lavori, e l’accoppiamento strutturale delle interazioni dei singoli individui della comunità, genera, come emergenza, questa cognizione necessaria per interagire con l’ambiente.
Questo concetto, è anche alla base della mia teoria della RETE DEGLI INCONSCI, che tratterò più in la, nei miei prossimi articoli, tanto che nella mia prima pubblicazione della teoria, nel 2001, avevo fatto fare da un mio giovane amico, Giuseppe Rametta, questa immagine (un termitaio in costruzione, come se fosse un cantiere edile umano).

La mente umana (autocoscienza ed inconscio) è, sotto questa visione, sempre una proprietà emergente, dell’interazione del cervello, dell’organismo e dell’ambiente, relativamente più complessa della cognizione.

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